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Fashion, News

Magazine, crollo nelle vendite negli USA a settembre: una riflessione

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Leggo ora su Pambianco che stando ai dati di AAM (Alliance for Audited Media), le vendite dei mensili in America hanno subito un tracollo inarrestabile. E il conteggio non è stato fatto su mesi dove le aspettative di vendita rimangono basse, ma sul mese di settembre, che, soprattutto nel comparto moda/femminile, è il mese più importante.

Se ci fate caso, i mensili a settembre hanno un peso enorme: questo significa tanta pubblicità, e tanta pubblicità sta ad indicare -in teoria- tante vendite. Perché se un investitore compra uno spazio pubblicitario su una rivista, ovviamente, si augura che sia vista da tante persone o è questo che gli viene prospettato dai coordinamenti. Settembre è un mese così importante che hanno perfino girato un documentario su Vogue America, intitolato proprio The Septermber Issue. Ma quest’anno le cose, in America, che apre la strada a quello che succederà poi da noi, sono andate ben diversamente: Csompolitan ha registrato una flessione di vendite con un  -35,1% rispetto al milione dello scorso anno, InStyle, -26,5% e Vogue con -28,1%; Glamour ha dimezzato le vendite.

Personalmente questo enorme calo di vendite non mi stupisce per nulla. Sono anni che l’informazione ha preso una brutta piega, e che sempre meno persone sono disposte a pagare per poter leggere o vedere quello che trovano gratuitamente in Rete. Faccio un esempio: non devo di certo aspettare un mensile per trovare una review su un fondotinta, la cerco comodamente -e subito- su blog e siti. Tutto quello che leggiamo su molti giornali -settimanali in primis- è già vecchio, visto e star visto. Quando compro un giornale, io mi aspetto un approfondimento, o un punto di vista. Ho smesso di comprare alcuni giornali perché mancavano l’una e l’altra condizione.

Ma tornando al discorso delle vendite, credo che in Italia la dimostrazione di quanto sia in difficoltà il settore lo danno i molti casi di giornali chiusi. Un discorso complesso che abbraccia necessariamente una riflessione sul mondo del digitale e su un certo atteggiamento che per anni hanno avuto gli editori in Italia nei confronti della Rete, ponendosi su un piedistallo e non abbracciando il cambiamento.

Purtroppo, però, o per fortuna, le regole le detta il lettore, e se non si fornisce un contenuto originale, nuovo, informativo, che dia qualcosa, il lettore non è più disposto a pagare per qualcosa che può fruire gratuitamente. Una presa di coscienza che credo che nel nostro Paese sia arrivata tardi. Personalmente spero che questi dati siano uno sprone per migliorare la qualità dei contenuti di molte riviste, che devono anche differenziarli rispetto alle loro edizioni digitali. Scendere dal piedistallo e mettersi nei panni del lettore/utente, può essere un buon modo per rispondere a questa domanda “Perché una persona dovrebbe comprare il mio giornale?“.

(foto da)

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